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Il Pane dei Camaldoli è pronto ad entrare fra le grandi eccellenze del territorio. Il Pane dei Camaldoli rivendica il suo spazio fra i prodotti di qualità del territorio napoletano. Bontà, fragranza e diffusione lo rendono da sempre fra i più amati dai napoletani. Di origine antichissima, viene comunemente definito anche pane cafone, che grazie al lievito madre (“criscito”), può essere mangiato anche dopo molti giorni dalla cottura.
Il nome deriva dalla collina dei Camaldoli, situata nella parte nord occidentale della città partenopea. Tra i comuni a nord di Napoli, il Comune di Marano di Napoli è quello in cui è più radicata la produzione di questo pane. Da poco più di un anno è iniziato il percorso dell’Associazione per la Valorizzazione del Pane dei Camaldoli, un percorso che ha come obiettivo finale il riconoscimento del marchio di Identità Geografica Protetta.
Un prodotto che vanta storicità e tradizione non può di certo accontentarsi del semplice riconoscimento di Prodotto agroalimentare tradizionale italiano (nella categoria: “Paste fresche e prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria e confetteria”) ed ecco perché è stata decisa un’accelerata in questa direzione.Il Pane dei Camaldoli vanta un percorso dal forno alla tavola che è un vero e proprio rituale. Abbandona la sede di lavorazione emanando la sua fragranza quando è ancora bello caldo. La crosta croccante e la mollica compatta ed abbondante lo rendono il compagno di viaggio per zuppe e sughi della tradizione napoletana. Soprattutto di domenica il posto giusto resta il piatto ricolmo della salsa del ragù o delle cipolle della genovese.
Da tempo ormai la fama del Pane dei Camaldoli ha varcato i confini della Campania ed ha raggiunto anche Paesi lontani. La sua forma rotonda oppure allungata lo rende facilmente riconoscibile. Può arrivare ad avere anche una pezzatura generosa, anche se il ridimensionamento della quota di consumo quotidiano pro-capite ultimamente fa optare per forme che si aggirano intorno al chilo. Ha una notevole capacità di conservazione, che permette al pane di poter essere mangiato anche dopo molti giorni dalla cottura.
Caratteristiche di lavorazione: alla farina viene addizionato del lievito madre (il famoso “criscito“, considerato la mamma del pane). Dopo una lunga ed energica lavorazione, si lascia lievitare per almeno 5 ore.
Successivamente si procede ad impastarla di nuovo e si modella in forme rotonde o allungate che possono pesare da 500 grammi fino a 4 Kg. Le pagnotte vengono lasciate lievitare, in tavole di legno ricoperte di una tela, per una seconda volta da 12 a 18 ore. Terminata questa fase si può infornare. I più tradizionalisti possono ancora contare sul forno a legna.