LA felicità nasce con l ‘uomo?
O compare con il primo uomo consapevole di essere felice?
O preesiste all’umanità e sta già nella mente del Dio Absconditus?
E’ qualcosa che avrebbe anche potuto non apparire mai sulla Terra o era iscritta nel destino del Mondo?
E’ fisica, spirituale, relazionale?
La chiave per meglio coglierla nel suo battito d’ali è filosofica, religiosa, psicologica, fattuale?
E’ cio’ che Dio si aspetta da noi?
E’ cio’ che il caso ha sospinto nei nostri geni per farci sentire gioiosi ed appagati?
E’… tante altre cose ancora?
Facciamo silenzio in noi stessi,
E torniamo all’attimo che precede la Creazione,
all’attimo che sta tra il prima del Tempo e l’incessante divenire.
La scelta è stata fatta, il dado lanciato.
E poi il dado rotola e giunge ai piedi dell’Homo Sapiens,
70.000 anni fa, 10.000 anni più 10.000 anni meno.
E’ il tempo di Anthropos, è l’epoca dell’Uomo.
Per la prima volta sulla Terra compare un essere capace di lasciare traccia dei suoi sentimenti e delle sue emozioni, per la prima volta risuona nell’aria il piacere di narrare gli eventi accaduti e si accendono nelle caverne di molti colori le pareti, a memoria di epici fatti di caccia, di coraggio e di cooperazione.
Enormi possenti mammuth, tigri zannutissime, orsi giganteschi vengono vinti ed uccisi da piccoli nemici senza unghie, senza lunghi denti affilati, senza peso e stazza giganteschi. Sono però nemici che possiedono il dono dell’intelligenza, che consente loro di combattere insieme seguendo un piano preordinato. Quasi sempre è vittoria, quasi sempre il gruppo di coraggiosi torna alla tribù portando con sé cibo, ossa e pelli, e recando anche con sé il desiderio di narrare l’impresa. Attorno al fuoco, nella notte che s’avanza, la paura per l’oscurità viene esiliata grazie al racconto magnifico della vittoria, e l’angoscia per le mille insidie del mondo si trasforma per un attimo in felicità per la tribù’. Il mondo esterno e le sue insidie sono stati vinti, probabilmente lo saranno di nuovo domani e domani ancora, la pancia è piena e il calore si spande nella caverna assieme ai profumi del grasso animale e delle erbe di condimento. E in quell’istante un genio sconosciuto decide di lasciare traccia della narrazione felicitante e nasce la prima opera di pittura del mondo, sospinta dalla gioia, dal coraggio e da una nuova, superiore consapevolezza.
Un altro genio sconosciuto lascia in millenni “vicini” al primo “pittore” il segno di sé, A dire il vero è una genia, perché di una donna si tratta, che ci ha lascito un dono meraviglioso, fonte di inesauribile felicità. (Marco Meneganti)