Il teatro nel teatro. La “Bisbetica domata di William Shakspeare messa alla prova”, rivisitazione in chiave pop della celebre commedia del Bardo, in scena all’Augusteo fino al 27 novembre
Lo spettacolo pone molti interrogativi sull’attualità dei testi classici e sulla scelta di riproporli in teatro trasfigurati con contaminazioni di vario genere, al fine di attribuire loro un maggior appeal per le giovani generazioni di spettatori: Nancy Brilli – nelle vesti di art director – “rinfresca” il personaggio di Caterina e tutta la vicenda shakesperiana con il dichiarato intento di arrivare al pubblico dei ragazzi con questo lavoro in scena ormai da un anno, vicino al traguardo delle duecento repliche.
In scena con lei, nel ruolo del Dr. Jolly Valerio Santoro, Matteo Cremon, Claudio Castrogiovanni, Gianluigi “Igi” Meggiorin, Gennaro Di Biase, Anna Vinci, Dario Merlini, Maria Concetta Gravagno, Stefano Annoni: i costumi disegnati da Nicoletta Ercole sono realizzati dalla Sartoria Tirelli, le musiche di Alessandro Nidi, il disegno luci di Antonio Molinaro, l’impianto scenografico curato da La Tecnica s.r.l.
Nella finzione scenica una compagnia di attori fa le prove della Bisbetica, affrontando problemi e difficoltà fra caratteri incompatibili, guizzi da primedonne, liti fra protagonisti, posizioni decise sulla parità di genere, scarsità di fondi, persone costrette a una diminutio del proprio talento pur di lavorare: quindi è un doppio binario che impone alla platea di seguire all’unisono la contemporaneità del gruppo in scena – sottolineata da innesti musicali da Freddie Mercury a Fedez, da citazioni di personaggi dello showbiz, richiami continui alla terra di Partenope, echi della commedia dell’arte, movimenti scenici da vaudeville – e l’atemporalità del testo originale richiamata visivamente dai costumi antichi.
Lo show è dinamico, con salti, corse, scene di lotte, brani musicali, rovesciamenti di situazioni che sfidano il concetto consolidato di teatro e che creano un colorato caleidoscopio di momenti a se stanti e frangenti corali. Interessante la sottolineatura della questione femminile, la rappresentazione di figure muliebri costrette dalla società a esistere e ad avere una propria identità e un ruolo solo in funzione dell’uomo sia nella versione filiale che in quella coniugale o parentale: nelle donne in scena vibra questa consapevolezza di un’ingiustificabile disparità ma anche la consapevolezza di forze in gioco impossibili da piegare e la necessità di adattarsi ad un habitat ostile per sopravvivere e trovare un diverso spazio per far trionfare il proprio portato emotivo, psicologico e umano.
Di Laura Caico