TEATRO AUGUSTEO: IL “PERICOLOSO” CAFÉ CHANTANT CON TATO RUSSO

ttr-volantino-gran-cafei-chantant-augusteo-1Napoli. Teatro Augusteo: debutto in prima nazionale con plausi per il “Gran Café Chantant”, di Tato Russo tratto da Eduardo Scarpetta, in scena sino al 13 novembre

Una moda fulminea. Il fenomeno artistico del Cafè Chantant – filone di spettacolo che in tre lustri precluse agli attori di prosa altre possibilità di lavoro in palcoscenico, mettendo in pericolo la loro stessa possibilità di sopravvivenza – è stato riproposto nell’inedita versione  di vaudeville dal genio istrionico di Tato Russo, che ha debuttato in prima nazionale a Napoli al teatro Augusteo di Albachiara Caccavale con “Gran Café Chantant”, due atti tratti da Eduardo Scarpetta, in programma sino a domenica 13 novembre

Ottimo il cast formato dallo stesso Tato Russo, Renato De Rienzo, Mario Brancaccio, Clelia Rondinella, Katia Terlizzi, Salvatore Esposito, Letizia Netti, Antonio Romano, Francesco Ruotolo, Dodo Gagliarde, Caterina Scalaprice, Massimo Sorrentino Carmen Pommella, coadiuvati dall’Orchestra Gran Café Chantant, mentre la scenografia è firmata da Peppe Zabo, le musiche da Zeno Craig, i costumi da Giusi Giustino, le luci da Roger La Fontaine.

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Tato Russo

L’ambientazione è collocata nella Belle Époque, periodo di trasformazioni del gusto, del sociale, della moda, dell’arte e dell’intrattenimento che spazza via come un ciclone i vecchi e consolidati clichè comportamentali: la nuova società vuole divertirsi, vivere freneticamente, inebriarsi di lusso, bellezza, seduzione, allegria, trascorrere serate con fiumi di champagne  e, improvvisamente, gli artisti teatrali si trovano ad essere desueti, vetusti, non più interessanti, costretti a un inesorabile declino a meno che non riescano a riciclarsi nelle frizzanti vesti di protagonisti del cafè chantant, comprimendo e mortificando la loro prosa fra lustrini, musiche incalzanti e ballerine. E’ questo il caso di quattro artisti, detentori dell’antica arte della tragedia, costretti dalla fame e dai debiti a ingegnarsi per rientrare nel mondo dello spettacolo – per l’occasione rappresentato da un caffè-concerto di Pozzuoli – sotto le mentite spoglie di vedette di café chantant: la commedia di Scarpetta – completamente rivisitata e sovvertita – offre il destro a Russo per realizzare l’affresco di un’epoca tanto intrigante quanto volubile, che conteneva in sé, dietro l’apparenza scintillante e spensierata, i prodromi della tragica esplosione dei conflitti mondiali e l’avvento di tempi bui e carichi di dolore, riuscendo con abilità – e fra le righe del testo – a dissacrare il mito borghese del XIX secolo.

Anche il Café Chantant troverà la sua Nemesi con   l’avvento del cinema, nuova forma di spettacolo destinata a un luminoso e perdurante futuro con l’introduzione del sonoro: molte le macchiette in scena, volute da Tato Russo che contrappone vari stili recitativi, tra drammaturgia, commedia e farsa, in un riuscito mix fra Feydeau, Scarpetta, Eduardo, che suscita applausi a scena aperta.

di Laura Caico

 

 

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