Si è tristemente spenta l’esistenza di Carlo D’Angio, la voce più caratteristica del folk napoletano e artista di portata internazionale
Napoli. Una cerimonia commovente. Per dare l’ultimo saluto a Carlo D’Angiò re del folk revival, scomparso a 70 anni per una malattia incurabile, si è bloccato il traffico in corso Vittorio Emanuele, nei pressi della chiesa di Santa Maria Apparente dove il parroco, padre Antonio Colamarino, ha celebrato il rito funebre in una chiesa assiepata fino all’esterno: il lungo andirivieni di amici, colleghi e personalità, venuti a porgere l’estremo omaggio a un’artista di portata internazionale e ad abbracciare l’affranta moglie del cantautore Liliana con i figli Adriano e Arianna, ha testimoniato l’affetto e il dolore della città che si è stretta intorno ai familiari della voce più caratteristica del folk napoletano.
Tra gli intervenuti, infatti, un nutrito gruppo di politici, tra cui il sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia Gennaro Migliore, Giulio Di Donato, l’ex sindaco di Napoli Nello Polese, artisti tra cui spiccano Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Pietra Montecorvino, protagonisti della Nuova Compagnia di Canto Popolare come Gianni Lamagna, Patrizio Trampetti e Fausta Vetere coinvolti anche nel progetto Musicanova da cui scaturì il celebre “Brigante se more”, esponenti della cultura come Rosanna Purchia sovrintendente della Fondazione Teatro di San Carlo, il fondatore di Città Della Scienza il fisico Vittorio Silvestrini con i responsabili
comunicazione Carlo Guardascione e Barbara Magistrelli, della società civile come l’architetto Massimo Pica Ciamarra, Annalisa Fiore titolare Adp Eventi, l’avvocato Vincenzo Siniscalchi, rappresentanti della comunicazione come il giornalista Federico Vacalebre, i fotoreporter Sergio Siano e Fabio Donato, l’editore Tullio Pironti, il discografico Enzo De Paola già presidente dell’Accademia della Musica di Napoli.
Proprio dalla voce di quest’ultimo, un ricordo vibrante dell’amico così repentinamente ghermito dal male “incontrato quest’estate, quando era già consapevole del breve termine che lo attendeva e che ha voluto ribadirmi il suo affetto, ringraziarmi dell’insistenza con cui sono riuscito a fargli incidere un disco da solista e abbracciarmi, affermando che non sarebbe più riuscito a farlo dopo un paio di mesi.”Cordoglio e mestizia anche nelle parole dell’amico di sempre e cofondatore negli anni Settanta della Nuova Compagnia di Canto Popolare Eugenio Bennato, fautore del collettivo Musicanova nel 1976, che ha dichiarato “Carlo era una parte di me e io di lui: insieme abbiamo realizzato un miracolo, quello di lasciare il segno con «Ommo se nasce e brigante se more», inno del Sud, impresa non certo facile. Era un valente ingegnere ma la sua passione erano le contaminazioni musicali arrivate dai migranti dal Nord Africa e dai Balcani e l’arrangiamento con sonorità inedite di brani tradizionali. E’ una grande perdita sia per il mondo dell’arte che per chi lo conosceva e lo amava per le sue qualità: Carlo era timido, riservato, grande lavoratore, entusiasta della vita e insieme davvero volavamo alti sulle ali della musica”.
di Laura Caico