Anniversario della Grande Guerra: “Accademia Tiberina” & “Cenacolo Pisaturo” omaggio al grande poeta E. A. Mario autore de “La leggenda del Piave”. (Per ingrandire alcune le foto cliccare sopra)
Nel centenario della Prima Guerra Mondiale conferenza organizzata dell’Accademia Tiberina sezione di Napoli tenutosi nel Cenacolo Pisaturo in onore e ricordo del grande poeta partenopeo E. A. Mario che immortalò con versi e musica il patriottico inno “La leggenda del Piave” dopo la disfatta dell’Esercito Italiano causata dalla violenta offensiva “Astro-Ungarica” a Caporetto che provocò sgomento e sbandamento tra i soldati italiani.
Ha preso parte all’importante rievocazione una folta rappresentanza di accademici e personaggi del mondo culturale. Hanno presentato la gentildonna giornalista e scrittrice Renata Ricci Pisaturo e il segretario generale dell’Accademia Tiberina Maurizio Lanzillo con relatore Ermanno Corsi presidente dello stesso sodalizio tiberino che ha rievocato in modo ampio e dettagliato i drammatici fatti che provocarono il primo conflitto mondiale con decine di milioni di morti, innumerevoli feriti e immani sofferenze. Nella sua esposizione Corsi ha ricordato la voce contraria di Papa Benedetto XV che energicamente sentenziò: “I conflitti provocano soltanto inutili stragi”.
In seguito il socio accademico Teodoro Cicala ha fatto ascoltare agli uditori brani musicali d’epoca incisi su dischi fra cui “La leggenda del Piave” cantata con grande impeto e passione dall0 stesso E. A. Mario per la commozione dei presenti.
L’inno si propagò velocemente fra le truppe suscitando i più profondi sentimenti di patriottismo sollevando così il morale dei soldati che portarono , nonostante l’inferiorità di uomini e mezzi, alla gloriosa vittoria finale dell’undici novembre 1918.
“L’inno del Piave” scritto il 23 giugno 1918 contribuì indiscutibilmente e in modo decisivo all’esito positivo della sanguinosa guerra, difatti lo stesso Generale Armando Diaz, comandante in capo dell’Esercito Italiano telegrafò a E. A. Mario per fargli sapere che la sua canzone era servita a dare coraggio ai soldati e ad aiutare lo sforzo bellico “più di un generale”. L’inno” con il suo testo patriottico fu dunque molto importante a risollevare moralmente le forze armate italiane sul fronte che con valore portarono a vincere l’ultima grande battaglia.
Cenni storici
Per il grande valore poetico delle sue opere E. A. Mario, pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta (Napoli, 5 maggio 1884 – Napoli, 24 giugno 1961) è ascritto fra i massimi esponenti della canzone napoletana e italiana della prima metà del Novecento come Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo e Libero Bovio. E. A. Mario è stato, infatti, notevole poeta, commediografo, compositore e interprete d’innumerevoli canzoni (circa 2000) di grande successo (oggi sarebbe detto cantautore) fra cui appunto la canzone del Piave e musicate da egli stesso pur essendo autodidatta del pentagramma e di modesta e povera famiglia abitante in un basso del popolare quartiere Vicaria di Napoli ad uso barberia del padre Michele il cui retrobottega era tutta la loro casa dove viveva con la madre fratelli, sorelle, zie e zii.
Ancora molto giovane s’impiega nelle Regie Poste Italiane nel Palazzo Gravina nella zona di Monte oliveto, dove alcuni anni prima aveva lavorato la grande scrittrice e giornalista Matilde Serao. Lì Giovanni Ermete Gaeta conosce il musicista Raffaele Segrè e con la sfrontatezza della giovane età ma propria del suo carattere gli dice: “Maestro le vostre musiche sono bellissime ma i testi tante papucchielle”. Il musicista risentito da tanto ardire gli avrebbe risposto in malo modo se i colleghi di Gaeta non gli avessero detto che il ragazzo era molto bravo poeticamente al che il maestro lo sfidò dicendo: “Scrivetemi un testo, una poesia e se sarà bella ve la musicherò”, così nacque “Cara mamma” la prima canzone di E. A. Mario seguita da “Tammurriata nera”, pensata e scritta assieme a Eduardo Nicolardi, altro grande compositore e poi “Santa Lucia luntana” e tantissime altre (circa 2000)
A Genova il diciottenne Gaeta nel 1902 conobbe Alessandro Sacheri, capo redattore del “Il Lavoro” che compreso il suo talento gli affidò un incarico da giornalista per il quale il talentuoso giovane utilizzò lo pseudonimo di “Hermes” 0 “Ermes” adottato come riconoscimento verso Alessandro Sacheri per avergli pubblicato i primi lavori di scrittore. Mario indicava il patriota Alberto Mario, suo idolo nella giovinezza mazziniana.
Dalle Poste fu allontanato per scarso rendimento, per cumulo di assenze ingiustificate. In seguito, verificato che Giovanni Gaeta era il famoso E. A. Mario, fu reinserito e continuò a lavorare per tutta la vita.
La canzone del Piave fu considerata per un periodo una sorta d’inno nazionale, poiché manifestava rabbia e amarezza per la disfatta di Caporetto e orgoglio per la riscossa sul fronte veneto.
Alcide De Gasperi chiese al poeta di scrivere l’inno ufficiale per la Democrazia Cristiana “in cambio” avrebbe favorito la sua canzone quale inno nazionale ma E. A. Mario rispose che non scriveva su commissione al che De Gasperi si offese, e sostenne l’Inno di Mameli.
Si narra di quando, nel 1922, Gaeta fu convocato al Quirinale dal re Vittorio Emanuele III, professò apertamente la sua fede repubblicana e mazziniana. Il re gli rispose: «Vi sono parecchi repubblicani che, come lei, hanno reso grandi servigi alla monarchia», e lo nominò commendatore. Quando per strada incontrava dei soldati, questi gli facevano il saluto militare.
Le sue canzoni hanno fatto parte del repertorio dei maggiori cantanti napoletani.
Tammurriata nera nacque nel 1945. Edoardo Nicolardi, amico di E. A. Mario, e dirigente dell’ospedale Loreto Mare un giorno vide una ragazza napoletana che aveva partorito un bambino di colore frutto di una relazione con un soldato afro-americano e fu così che nacque quella canzone diventata poi famosa. In molte città italiane esistono oggi, strade, piazze e scuole che ricordano il poeta E.A. Mario.
La sua ultima abitazione, fu in viale Elena, oggi dedicata ad Antonio Gramsci, dove poi morì. A ricordarlo è affissa una lapide.
Altra targa che ricorda uno dei suoi più grandi successi è apposta sopra la scaletta del Borgo Marinari, con incisi i primi due versi di “Santa Lucia luntana”.
di Salvatore Cuozzo