TEATRO SALA MOLIḔRE. NANDO PAONE: “SAGOMA MONOLOGO PER LUCE SOLA”
Sabato 20 (ore 21.00) e domenica 21 gennaio (ore 19.00), al Teatro Sala Molière di Pozzuoli (Viale Bognar, 21), “Sagoma – monologo per luce sola” per e con Nando Paone. Il testo di Fabio Pisano, con la regia di Davide Iodice.
E’ il racconto di un attore intento a trovare il controluce perfetto per il suo spettacolo che è forse più una risposta alla sua vita sovraesposta ai riflettori talvolta accecanti che non gli hanno sempre permesso di mostrarsi per quel che è, ma soltanto per quel che il pubblico vuole che lui sia. Nessuna redenzione dunque, nessun rimorso, soltanto la volontà d’essere contro per una volta, una volta soltanto.
«Sagoma, per me, rappresenta quel crinale che vede da un lato l’attore comico e dall’altro l’attore senza aggettivo. L’attore e basta – tiene a sottolineare Nando Paone, in un momento particolarmente ricco di impegni e riconoscimenti -. Ho sempre alternato ruoli comici a ruoli non comici, convinto che un attore debba poter comprenderli tutti. Proprio per essere conosciuto, al di là della riconoscibilità».
Insieme al protagonista, chiuso in un teatro da un tempo indefinito, c’è anche il tecnico, interpretato da Matteo Biccari, su una scala che sposta i fari per trovare il contro perfetto. I due parlano e interagiscono soltanto mediante la luce, portando la conversazione su un piano quasi monologico. Uno appeso su una scala, l’altro appeso sul palco, condividono la precarietà di un mestiere e di una esistenza dove il baratro è solo un quarto di passo oltre il segno fissato. Lo Zen e il Tiro con L’arco sono la guida, per il protagonista, e rappresentano la chiave di volta del suo essere lì, ora, in contro, per raggiungere il finale, l’epilogo da lui solo sognato o forse sperato.
Durata: 50 minuti. In scena Nando Paone, Matteo Biccari – Testo di: Fabio Pisano. Regia e luci: Davide Iodice. Assistente alla regia: Carlotta Campobasso. Collaborazione: Francesco Guardascione e Francesco Piciocchi – Foto Gianni biccari
Note di regia Ho sempre preferito la definizione dramatis persona a quella di personaggio o di ruolo. Troppa psicologia nel personaggio, troppa commedia dell’arte nel ruolo. Nella dramatis persona, convivono l’opera e il vissuto proprio, la maschera e il volto, il dramma e la vita. Il sé facendosi pubblico diventa politico, come si gridava un tempo. Quando Nando Paone mi ha invitato a intrecciare i nostri percorsi e le nostre sensibilità, casualmente Fabio Pisano mi ha parlato di una bozza di testo ispirata, per suggestione istintiva, alla ‘figura’ sottile e poetica proprio di Nando che non teme di andare contro la rassicurante consolazione del già noto, per tentare una emozione autentica. Ho avuto, così, la rara opportunità di costruire uno spettacolo non semplicemente con un attore, ma per un attore: di dedicarglielo. E poiché la bella suggestione di Fabio, di teatro parla e di attori, e di tecnici, e dell’invisibile che permette la visione, e del buio in cui la luce nasce o muore, allora permettetemi di dedicare questo lavoro, innocente e pieno di affetti, al teatro e a chi lo fa. Alle maestranze prodigiose e a volte bizzarre come divinità imperscrutabili, che si muovono tra palco e scale, a Maurizio Viani che mi ha insegnato la differenza tra ‘mettersi in luce’ e ‘venire alla luce’, e ai nostri due giovanissimi compagni di viaggio Carlotta e Matteo, perché loro è quella linea di orizzonte che procede dal fondo buio della scena ben oltre il proscenio.