La coscienza del giudizio, verità innegabile. Se intendiamo con verità originaria la verità assoluta e innegabile che è manifestazione di se stessa, si comprende che questa non può essere raggiunta con il negabile della ratio naturalis, cioè la verità della ragione. Perché questa nasce dalla contraddizione: e quando poi si pone inflessibile e violenta nel volere affermarsi, si sgretola corrosa dal dubbio.
Ne consegue che la nostra verità – come afferma Emmanuele Severino – non è la verità, perché negabile e quindi non può cercare l’innegabile della verità originaria, in quanto cercherebbe un’altra non verità.
Tuttavia, anche se non conosciamo la verità originaria, la cerchiamo, perché vogliamo essere accolti da quel luogo: forse perché veniamo da quel luogo. Ma se veniamo da quel luogo anche noi possediamo altre verità che non trovino contraddizioni: e quindi verità innegabili.
Non è forse la coscienza del giudizio una verità innegabile?
Una verità che non può essere contradetta perché è un preconscio: appare a se stessa nell’intimo rapporto del nostro stesso sentire.
E’ un accadere immediato, non mediato dal contenuto dell’esperienza, quindi una verità innegabile, apparsa con l’apparire dell’uomo ab initio.
Ed insita in tutti gli esseri umani di ogni tempo.
La coscienza – dal latino con-scientia, a sua volta derivato di con scire (scire in latino- scindere, spaccare, lacerare) – vuol dire discernimento.
Ora, le informazioni relative ad un oggetto o a una situazione, sono un‘ prima’ che la realtà ci sottopone e che successivamente portano alla conoscenza del dato e quindi di un sapere.
Ma poi c’è la consapevolezza di questo sapere: quindi una cognizione più profonda dei saperi. Si potrebbe dire ‘ il sapere di sapere’: non soltanto so quella cosa, ma so di sapere quella cosa e così via di tante cose che si stratificano fino a sviluppare una coscienza morale. Che è una coscienza soggettiva, perché sviluppata in contesti storico culturali profondamente diversi.
Ciascuno ha la propria coscienza morale, la propria realtà individuale in base alla quale elabora norme di comportamento.
La coscienza morale si costruisce nel tempo come codice di convivenza sociale.
Quindi attraverso le varie fasi (cognizione, consapevolezza, coscienza morale) si arriva all’ultimo step,
che è la coscienza del giudizio, la quale è separata dalla coscienza morale.
La coscienza del giudizio è slegata dal conscio della consapevolezza e dai saperi della coscienza morale che possono trovare le speculazioni della neuroscienza. La coscienza del giudizio non appartiene al perimetro della fisica, nè è presente in tutti gli uomini (quelli colti e quelli no) e in tutte le epoche. Può influire sulle nostre volontà ma non determinala libertà di scegliere. E come la verità originaria non la si può smentire perché non si puòcercare.
È il film di tutte le decisioni della nostra vitae di ciascuna vita.
La coscienza del giudizio è presente in ogni singola azione ed è un apparire che non apparirà più, perché è di quel momento, di quell’atto che si manifesta come un fotogramma che non può più ritornare.
Ci si chiede: perché mai la valutazione della coscienza del giudizio è sempre orientata al bene?
Ma se lo stesso bene non è una valutazione acquisita dalla esperienza dei sensi, il bene è un eterno che
rappresenta la nostra origine.
E inoltre perchè la coscienza del giudizio è sempre orientata all’operare con imparzialità, anche ostacolando i nostri desideri o i nostri vantaggi in nome della giustizia escludendo cosa conviene per un proprio tornaconto.
Da dove viene quella voce profonda che parla all’intimo del nostro io?
Se la coscienza del giudizio fosse un prodotto dell’evoluzione delle reti neuronali, allora si comporterebbe in maniera soggettiva, cioè muterebbe da soggetto a soggetto: sarebbe una coscienza morale soggettiva, influenzata dall’io. E invece si fa sentire sempre con le stesse modalità, operando sempre lo stesso discernimento degli eventi sottoposti.
La coscienza del giudizio non evoca dubbi: trapassa e si presenta con la storia e le decisioni di ognuno di noi, nel luogo della verità originaria per essere accolta.
ELIO BAVA