Marco Meneganti: il 17 febbraio del 1600 moriva Giordano Bruno, filosofo e martire del libero pensiero, Moriva “male”, bruciato vivo in Campo dei fiori a Roma, con la lingua serrata al palato da una mordacchia, per impedirgli di profferir parola in pubblico. Pochi giorni prima, l’Inquisizione romana, lo aveva condannato al rogo, ricevendone per risposta la leggendaria frase: “Forse provate più timore voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla”.
Mentre le ceneri di Giordano Bruno,venivano disperse nel Tevere, uno zelante “protetto” di Clemente VIII, scriveva, quella sera stessa, in modo beffardo, che Bruno era morto in quel modo orribile forse per annunciare negli altri infiniti mondi che si era immaginato come la Chiesa di Roma trattasse “gli empi e i blasfemi i mostri di tal specie”.
Ma proprio quegli “infiniti mondi”, così evidentemente e ferocemente odiati dal polemista controriformista, hanno rappresentato nei secoli uno dei punti della filosifia bruniana di maggior fascinazione e di maggior stimolo per il pensiero moderno e contemporaneo.
La fisica teorica in particolar modo deve moltissimo al Nolano, basti pensare all’ipotesi del Multiverso, che immagina la presenza di “universi coesistenti al di fuori del nostro”, in altri termini gli “universi paralleli”. Ed io penso anche alla possibilità di “luoghi” in cui il verso del Tempo non sia univoco, ma “bi-verso”, possa tornare indietro, a determinate condizioni. Penso insomma alla possibilità d’infiniti Biversi accanto agli infiniti Universi, ma non inoltriamoci qui in tale ulteriore aspetto.
Questo degli universi paralleli è un concetto affascinante dal punto di vista filosofico – teologico, perché apre la mente a innumerevoli riflessioni sul rapporto tra Dio e gli uomini e in ultima analisi sull’essenza stessa di Dio, ma potrebbe anche essere spunto per fantastiche creazioni artistiche.
Mi chiedo spesso come mai ad esempio la cinematografia mondiale ed in particolar modo quella statunitense, così “in debito” non di disponibilità finanziaria, che c’è ed in abbondanza, ma di idee (si pensi che ormai da molti anni la figura più pagata e ricercata da Hollywood non è più il regista, come ci si potrebbe immaginare, imprigionati come siamo alla “narrazione” del primo secolo di vita dell’arte cinematografica, ma lo sceneggiatore, perché sono ormai pochissimi i professionisti in grado di partorire un’idea nuova, un “soggetto” originale, mentre i più navigano nelle acque basse dei rifacimenti, delle rielaborazioni e nella migliore delle ipotesi dei rimescolamenti e delle contaminazioni di “generi”), non si sia lanciata ad utilizzare la miniera d’oro presente nel pensiero di Giordano Bruno.
Io immagino il successo che potrebbe avere un film, o più ancora una serie televisiva, incentrato ad esempio non su due semplici dimensioni parallele (come avviene invece in “Sliding doors”, film del secolo scorso con Gwyneth Paltrow), ma su numerosi (infiniti non è possibile per evidenti problemi di… tempo!) universi paralleli, in cui ad ogni crocevia narrativo si aprono scelte diverse dei protagonisti e “scelte” diverse del Caso per i protagonisti, scelte e casualità che portano ad ulteriori diversificazioni dei “destini” degli attori, in una vertiginosa catena caleidoscopica di eventi “distanzianti”, ma forse a volta anche “convergenti”, fra gli Universi in competizione. Mentre dall’alto, o di lato, o più probabilmente da “altrovedaquando” il Dio nascosto della Creazione, o se si preferisce delle Creazioni, guarda le molteplicità del divenire dipanarsi imprevedibili sotto il suo sguardo divertito e alla fin fine affettuoso.
di Marco Augusto Meneganti