Collettività, inclusione sociale e covid 19. Conciliare la libertà del singolo con il bene comune è questo il dilemma. Il rapporto tra libertà individuale e interesse della collettività è una questione complicata, oggetto di disquisizioni filosofiche molto spesso al centro di accesi dibattiti politici.
Ciò che rappresenta il bene pubblico sarebbe auspicabile che investisse in detto processo osmotico d’inclusione al cittadino che talvolta rischia di sentirsi dimenticato, come ci ricorda l’opera di Jago, artista e scultore italiano, installata a Napoli nella Piazza Plebiscito, “Look-down”: un feto che ispira preoccupazione per essere così indifeso ma che può rappresentare esso stesso una speranza per chi la vuole accogliere come ogni vita nuova che nasce.
La diatriba fra libertà individuale e interesse della collettività è emersa soprattutto ultimamente a proposito dell’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del covid 19. Infatti, lo Stato, in questo frangente si è trovato continuamente a decidere sulla vita, sulle abitudini, sulla salute e sul lavoro dei singoli cittadini poiché comunità. E’ più che mai di grande attualità la discussione sulla legittimità delle limitazioni di libertà individuale che i cittadini devono accettare per il loro bene.
Gli studi e alcune delle opere del filosofo tedesco Hegel, vissuto tra il ‘700 e l’’800, si basano proprio sul tema della libertà individuale e del bene collettivo e sul principio su cui si fonda lo Stato definito Etico. Nelle sue opere principali “Fenomenologia dello spirito” (1807) “Lineamenti di filosofia del diritto” (1820) Hegel esamina le tre più importanti istituzioni sociali quali famiglia, società e stato, illustrando il concetto di “Eticità” ovvero di realizzazione del bene e del male nell’ambito di queste tre grandi forme istituzionali, come luoghi in cui si fondono o s’identificano le due identità di soggetto e oggetto.
In termini più chiari, la Soggettività, cioè l’individuo singolo e l’Oggettività, cioè l’obiettivo comune a tutti, nella filosofia idealista di Hegel, sono due concetti che confluiscono in un’unica cosa: l’Ideale, la Totalità unificata, capace di superare le opposizioni e le scissioni e di creare una sintesi tra il bene in sé e il bene per sé. In pratica, le azioni dei singoli individui devono tendere alla realizzazione del bene universale che rappresenta nella filosofia hegeliana, l’Assoluto, il Divino.
Orbene, lo Stato promotore del bene pubblico, si fa garante di occuparsi della Salute Pubblica e lo stesso Stato si preoccupa, di non emarginare e includere nel tessuto sociale fasce di popolazione che, secondo determinati criteri, sono considerate più deboli; inclusione che può considerarsi a buon diritto altro aspetto della salute. Il fatto che sorprende è che, invece, talune forme d’isolamento si sono inevitabilmente acuite in questa pandemia e che le stesse contrastano con il valore, dell’inclusione sociale, di cui la politica, sia mondiale sia europea, si fa promotrice.
E’ bene ripetere che per inclusione sociale, ci si riferisce all’abolizione di qualsiasi forma di discriminazione tra gli individui sostenendo la necessità che nessun gruppo debba sentirsi dimenticato dalla società, nel rispetto delle diversità.
Riguardo all’inclusione sociale e alle altre politiche mondiali relative al programma per lo Sviluppo Sostenibile, infatti, a livello mondiale si era creato una serie di obiettivi mossi da cause molto nobili. I lavori erano iniziati nel 2000 e adesso hanno un termine di attuazione fissato, dopo il rinvio del 2015, fino al 2030. Tra gli obiettivi principali erano annoverati quelli legati all’ambiente, all’eliminazione della fame e della povertà, al lavoro per tutti, allo sviluppo delle tecnologie digitali, e al già citato punto concernente l’inclusione sociale da cui si parte come fondamento per arrivare a povertà e fame zero, salute e benessere, istruzione di qualità, uguaglianza di genere, energia pulita, lavoro dignitoso e crescita economica. Obiettivi a quanto pare naufragati, ma era da immaginarselo, perché la catastrofe era “nell’aria”.
Anche per quanto riguarda l’Italia, gli obiettivi prioritari per il futuro, stilati a giugno scorso durante gli Stati Generali, riunitisi dopo il primo lockdown erano: progetti green per l’ambiente, digitale per l’economia, promuovere la cultura e poi quello dell’inclusione sociale. Per l’Italia, post prima ondata pandemica, “si dovevano vedere nella crisi nuove opportunità”.
La pandemia purtroppo a oggi ha probabilmente solo amplificato problematiche latenti, ha peggiorato il rapporto tra inclusione sociale ed emarginazione e si scontra con molti altri aspetti della crisi che il mondo sta affrontando.
In conclusione, la dicotomia fra interesse pubblico e privato, che si presenta purtroppo nella consuetudine della gestione quotidiana, aumenta il suo potenziale nelle criticità ed è molto difficile da conciliare. Una così forte difficoltà, una crisi tanto profonda, perché diventi opportunità, è necessario che si colgano quelle occasioni che questa sfida può portare; ciascuno ha dovuto reinventare la propria quotidianità, vivere la sofferenza, mettere da parte gli egoismi, dimenticare le proprie abitudini, allo stesso modo forse anche ciò che rappresenta il bene pubblico sarebbe auspicabile che a modo proprio investisse in detto processo osmotico d’inclusione, avvicinarsi al cittadino che adesso talvolta rischia di sentirsi dimenticato, come ci ricorda l’opera di Jago, artista e scultore italiano, installata a Napoli nella Piazza Plebiscito, “Look-down”: un feto che ispira preoccupazione per essere così indifeso ma che può rappresentare esso stesso una speranza per chi la vuole accogliere come ogni vita nuova che nasce; quella piazza invece che apparire troppo grande può essere interpretata come un grande ventre che accoglie.
Di Margherita De Falco e Giorgia Di Pasquale