Teatro Augusteo di Napoli: IL SORPASSO. Commedia tratta dal film datato 1962 diretto da Dino Risi considerato capolavoro del regista. Adattamento teatrale di Micaela Miano. Regia di Guglielmo Ferro
L’Italietta di mezzo secolo fa. Il Sorpasso di Dino Risi – fra le pellicole cult della commedia italiana – ha effettuato un “cambio di corsia” arrivando dallo schermo al palcoscenico, complice l’adattamento teatrale a cura di Micaela Miano e la regia di Guglielmo Ferro, che hanno “riveduto e corretto” la cinquantennale sceneggiatura di Ettore Scola, Risi e Ruggero Maccari, abbinandovi le musiche di Massimiliano Pace e i costumi di Françoise Raybaud:
esperimento coraggioso (voluto dalla produzione Bananas srl con ABC Produzioni, Teatro Arte e Marche Teatro) che vede in scena i protagonisti Giuseppe Zeno nel ruolo che fu di Gassmann e Luca Di Giovanni nei panni di Roberto, affiancati da Cristiana Vaccaro (nel doppio ruolo della moglie di Bruno e della zia di Roberto), Pietro Casella, Marial Bajma Riva, Marco Prosperini, Simone Pieroni e Francesco Lattarulo.
Molto interessante la scenografia di Alessandro Chiti, che crea l’illusione di una macchina in corsa facendo scorrere a grande velocità scene di paesaggi alle spalle dei due attori, nella simulazione di un viaggio sfrenato in una periferia romana deserta, nella calura ferragostana
La pièce si pone come metafora dell’Italia del boom economico, animata dall’euforia del rinnovato benessere, dalla speranza di miglioramento di vita e dalla grande novità della rateizzazione che permetteva di possedere oggetti, mobili, elettrodomestici, fuoriserie e comodità altrimenti impossibili.
Bravi entrambi gli attori Giuseppe Zeno e Luca Di Giovanni nel rendere le sfumature caratteriali dei due personaggi, apparentemente molto diversi fra loro: si percepisce bene l’imbarazzo del giovane studente nel sentirsi trascinato e usato dall’intraprendente amico appena conosciuto, come pure si colgono sfumature e lati in ombra di Bruno, inizialmente presentatosi come un gaudente spensierato, desideroso di vivere la sua vita fino in fondo, sempre di corsa e senza preoccuparsi delle conseguenze, pronto all’avventura e al gioco di una seduzione spicciola senza impegno, ma caricatosi poi di consapevolezza degli errori commessi, pentimento e rimorsi e una recrudescenza di sentimenti reali come quello della paternità che cerca di rivendicare – anche se ormai troppo tardi – ver so la figlia ritrovata.
Gioco delle parti, quindi che attribuisce qualche qualità morale al fascinoso Bruno –a tratti persino becero e chiassoso, senza più dorature e a tratti incupito e in preda al rimpianto – e un afflato di allegria e ribellione al represso Roberto, uno scatenarsi di sentimenti, un’esplosione di voglia di vivere, di rischiare, di affrontare avventure fino allora impensate, una liberazione interiore che durerà lo spazio di una notte, sino al tragico epilogo finale che conduce alla sua morte.
Tutto questo si svolge nell’arco di due tempi mantenendo viva l’attenzione degli spettatori anche grazie alla leggerezza delle scene, all’impostazione dei dialoghi e agli accorgimenti tecnici – che riescono nel non facile compito di portare in teatro e nella staticità di un palcoscenico il dinamismo dell’azione cinematografica, con le sue infinite varianti di cambi di ambienti e di personaggi – e che rappresenta, comunque, un esperimento riuscito, in scena al Teatro Augusteo di Napoli sino al 19 novembre.
Di Laura Caico