Intervista al medico chirurgo Alfredo Borriello. Sempre meno traumi. Sempre più richiesta e praticata la rinoplastica open, un intervento a modifica del profilo del naso che non ne intacca le strutture.
Chiediamo al Medico Chirurgo specialista in chirurgia plastica – ricostruttiva – estetica Alfredo Borriello, dirigente dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Ospedale Pellegrini di Napoli che ne ha eseguiti moltissimi, di parlarcene.
Dottor Borriello, ci può illustrare le caratteristiche della rinoplastica aperta?
“Non si tratta in realtà di una tecnica nuova, giacchè di Rinoplastica aperta se ne parlava già nel 1934 grazie al chirurgo ungherese Rethi che aveva dato notizia di un intervento in cui operava sul naso attraverso la columella (“ponte di pelle” che separa le due narici), ma, comunque, l’alfiere di questa tecnica è senz’altro il chirurgo americano Jack Anderson: oggi, l’intervento – che, nel tempo, è andato perfezionandosi – rispetta i principi basilari dell’open structure rhinoplasty effettuando le necessarie correzioni delle imperfezioni, senza modificare le strutture portanti del naso e senza il problema delle distorsioni (inconveniente frequente in tutte le tecniche “chiuse”).”
Professore, la rinoplastica aperta comporta cicatrici visibili?
“No, l’incisione, effettuata a metà della columella, non è più riconoscibile quando i tessuti si riassestano; non rimane nessun segno visibile, anche se i tagli chirurgici non sono stati eseguiti all’interno delle narici.”
Quest’intervento consente di lavorare meglio all’interno delle cavità nasali?
“Sì, il chirurgo che pratica la rinoplastica aperta può esaminare agevolmente tutto lo scheletro del naso con le sue strutture in piena vista, dal setto al dorso osseo, dalle cartilagini alari e laterali alla valvola nasale: si può valutare molto meglio l’asimmetria da correggere e operare con la massima precisione e questo risponde ai dettami della filosofia chirurgica che tende a essere sempre meno invasiva e a curare l’evoluzione di tecniche operatorie che implichino tempi più veloci di guarigione per il paziente.”
Ma se non agite sulle strutture di supporto del naso, come ottenete i cambiamenti della forma?
“L’open structure rhinoplasty oggi si avvale dell’impiego di innesti come gli “spreader graft”, minuscole stecche di cartilagine inserite fra le pareti del naso ed il setto per modificarne sia la forma, sia la funzione e migliorare la respirazione nasale o di suture effettuate con fili sottilissimi: si pratica un’incisione particolare a forma di W e, nel giro di un paio di settimane i miglioramenti sono evidentissimi, il segno è leggerissimo e, infine, scompare del tutto.”
Quali sono gli inconvenienti di tale intervento?
“La metodica “aperta” pur offrendo notevoli benefici rispetto alla “chiusa” presenta qualche svantaggio: ad esempio, la punta nasale rimane gonfia più a lungo rispetto a quanto osservato dopo una rinoplastica “chiusa”, comporta un intervento di circa due ore e la cicatrice esterna induce taluni a scegliere la rinoplastica tradizionale, sebbene dopo il necessario intervallo di tempo essa diventi praticamente invisibile. Va ricordato che questo tipo di intervento in principio veniva eseguito solo in chirurgia ricostruttiva e per casi particolarmente ostici ma i miglioramenti apportati consentono oggi di utilizzarlo nella chirurgia estetica quotidiana, soprattutto per i casi più complicati e per chi desidera modifiche particolarmente delicate della punta. E’ il tipo di intervento insegnato di routine in America ai giovani chirurghi che hanno così la possibilità di ampia visibilità della zona da trattare, tenendo sotto controllo il risultato da ottenere: inoltre, dalle più recenti statistiche, si evince che ben il 95% dei nasi vengono trattati negli Stati Uniti con tecnica open”.
Di Laura Caico