Una vera utopia. Il divertente spettacolo “Un’ora di tranquillità” andato in scena al Teatro Augusteo con repliche sino al 29 gennaio per la regia e l’interpretazione istrionica di Massimo Ghini. Testo di Florian Zeller, uno dei più apprezzati drammaturghi francesi contemporanei
Ghini ha fatto rivivere equivoci e coup de theatre del vaudeville di Feydeau, giocando proprio su quella ricerca – citata nel titolo – di una tranquillità che si rivela impossibile: il protagonista, infatti, uomo dalla duplice vita sentimentale, poco attento agli umori e ai malumori di chi lo circonda, distratto dal desiderio di realizzare un sogno a lungo inseguito, si trova coinvolto in una spirale di inconvenienti che gli impediscono ripetutamente di attuare i suoi propositi, per rendersi conto solo alla fine che tutta la sua vita è una colossale finzione.
Affiancato sul palco dalla bravissima Galatea Ranzi – splendida nei costumi di Silvia Frattolillo – Massimo Ciavarro, Claudio Bigagli, Marta Zoffoli, Luca Scapparone e Alessandro Giuggioli, l’eclettico mattatore Massimo Ghini si muove instancabile fra le scene di Roberto Crea e le luci di Marco Palmieri cimentandosi con la regia del testo di Florian Zeller, uno dei più apprezzati drammaturghi francesi: la “situation comique” parte dalla scoperta in un mercatino antiquario della banlieu parigina di un disco di vinile a lungo agognato e mai trovato prima che spinge il protagonista a rientrare precipitosamente a casa con l’ardente desiderio di ascoltarlo, ritagliandosi appunto “un’ora di tranquillità”. Ma, ahinoi, pover’uomo, il destino ha deciso altrimenti, presentandosi – sotto le spoglie di moglie insoddisfatta, amante pretenziosa, operai maldestri, vicini impiccioni e figlio punk – con varie calamità che glielo impediscono: una girandola di situazioni e inaspettati incidenti di percorso portano il poveretto – troppo concentrato sulla brama di ascoltare la sua musica prediletta – a non percepire i segnali dell’uragano di rivelazioni che sta per abbattersi su di lui per andarsene poi – come ogni uragano che si rispetti – lasciando dietro di sé solo macerie. La vita del protagonista apparentemente ben organizzata e borghese si rivela ben presto solo una facciata e i rapporti su cui si basa la sua affettività – la famiglia, il migliore amico, l’amante – si polverizzano velocemente sotto i suoi occhi attoniti ma ancora non del tutto consapevoli del disastro in corso perché la mente è sempre tesa alla realizzazione del sogno di “un’ora di tranquillità”.
I personaggi entrano ed escono vorticosamente dalla scena e dalla sua vita e così riflessioni e opportuni approfondimenti della situazione sembrano demandati ad altro momento…ovviamente successivo all’ascolto dell’agognato disco….; nel frattempo la casa viene sfasciata da un paio di demenziali quanto improbabili muratori, le sue relazioni sentimentali si dissolvono, l’amico del cuore ha in serbo una sgradita sorpresa e anche il figlio si rivela non essere quello che sembra. La forza del testo consente di non utilizzare impianti scenografici imponenti ma di puntare invece sulla caratterizzazione dei personaggi – fondamentali per la vicenda – ingranaggi umani che avviano la macchina dei sottintesi e della comicità in un energico afflato corale che lega i vari ruoli in un rapido e quasi ansiogeno tourbillon di battute e infingimenti. La dinamica è quella di una partita a scacchi in cui ogni figura ha la sua importanza e concorre con le altre al risultato finale dello scacco matto al protagonista che perde la regina, la torre, l’alfiere, il cavallo, il regno intero, ma quasi non se ne accorge e…finalmente solo e abbandonato da tutti …può ascoltare il disco nel desiderato spazio di “un’ora di tranquillità”.
Di Laura Caico