I giornalisti devono essere liberi di indagare e raccontare: no alla legge sulla diffamazione

udcZxFzjRxUynxb-556x313-croppedOgni scandalo su politica e malaffare è nato grazie a indagini e racconti di cronisti senza bavagli, fra cui l’ultimo Mafia Capitale. Se fosse approvata la legge sulla diffamazione, i giornalisti non sarebbero più liberi di agire senza rischiare pesanti sanzioni e carcere

Articolo 21 della Costituzione italiana. “Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

La legge sulla diffamazione prevede sanzioni pecuniarie fino a 50 mila euro inefficaci per i grandi editori dotati di risorse economiche. Legge che sarebbe invece devastante per gli editori indipendenti e per i “Giornali di frontiera”: piccole ma importanti testate telematiche a stretto contatto con i territori.
Una legge che modifica la normativa sulla stampa al tempo del web deve avere come primo obiettivo la tutela della libertà di espressione e d’informazione. Questo non si ottiene inserendo nuovi strumenti di controllo e rimozione, ma allargando ai media (a iniziare dai nuovi) le garanzie previste dalla Costituzione.

La legge sulla diffamazione è dunque pericolosa essendo tesa a “tarpare le ali” a giornalisti coraggiosi, blogger e freelance che difendono il diritto dei cittadini a essere informati introducendo violazioni inaccettabili sul diritto costituzionale d’informare ed essere informati.

Invitiamo pertanto i nostri lettori di aderire al seguente appello: richiesta ai parlamentari e al Capo dello Stato di non firmare questo improvvido testo di legge evitandone la promulgazione. Riguarda la libertà di tutti.

Per firmare http://nodiffamazione.it

di Salvatore Cuozzo

 

 

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