“Vangelo e Costituzione” 3ª Puntata: “La strage degli innocenti”

 

“La strage degli innocenti”

Vangelo e Costituzione di Michele Del Gaudio 3ª Puntata (Tullio Pironti Editore, 2014)

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La strage degli innocenti. Gesù si ambientò presto nel nuovo quartiere, simile all’altro, ma senza l’oppressione incombente di boss e bossettino. Anche qui si fece tanti amici. Andava d’accordo con tutti perché era disponibile, sempre pronto ad aiutare, ma quando vedeva ingiustizie non riusciva a stare zitto.

Neanche a scuola! Contestava gli abusi degli insegnanti e ribatteva alle accuse inique, non solo nei suoi confronti. Un ragazzo buono come lui non avrebbe dovuto avere rapporti e note disciplinari, invece le collezionava, anche per i continui scherzi che organizzava. Non accettava di non poter essere vivace nei suoi undici anni. Un giorno ribatté convinto a una docente: – Voi volete dei soldatini ubbidienti, non degli alunni pensanti! Non è facile ubbidire se per strada ognuno fa quello che vuole. L’esempio che noi abbiamo è solo di azioni illegali. E vogliono farcele fare anche a noi.

C’è chi lavora pur essendo minorenne, chi è costretto a chiedere l’elemosina, chi fa il muschillo (pusher) della droga… Altro che bambini soldato! Qui fuori c’è la guerra! È un macello soprattutto per noi scugnizzi! E voi siete fissati solo con l’ubbidire! I genitori erano con lui, ma gli raccomandavano prudenza.

Gesù dialogava molto con la mamma sulle regole e si divertiva ad individuare quelle ingiuste. Mbaye non era più all’altezza dei suoi ragionamenti, ma discuteva, annuiva, cedeva: il piccoletto era convincente. Un giorno proclamò alla sua esperta:

Ma, se la legalità è il rispetto delle regole e a volte le regole non sono giuste, significa che la legalità non è la giustizia! Povera Mbaye! Aveva seguito un corso vent’anni prima e non aveva mai studiato il sillogismo aristotelico, come faceva a comprendere la raffinatezza del discorso di Gesù? Le venne in mente con nostalgia il giudice che non giudicava. Però nemmeno Gesù aveva studiato Aristotele. E neanche Genny e Tonino.

Sillogismo aristotelico Il sole ritto spaccava le strade senza orizzonte. Neanche i palazzoni, trafitti a perpendicolo nel cranio, tracciavano le loro sagome. Alberi mai piantati, negozi mai aperti, bar o circoletti mai giunti: il deserto era meglio, seminava almeno miraggi! Genny passo dopo passo avanzava lento nello squallore e udiva una musica che non arrivava. Era un bel ragazzino, padre violento, madre fragile, orfano d’affetto. Le auto sfrecciavano e qualche bus. Genny procedeva pigro. L’auto di grossa cilindrata si fermò e lo riportò dopo un’ora.

A Gesù Genny era simpatico, proprio perché era introverso, con gli occhi che invocavano soccorso. Raccontò tutto alla Gargiulo, cicciottella e coraggiosa quanto bastava per insegnare a Scampia. L’auto scomparve e anche l’orco. E Genny, prima diffidente, invitò Cotica Abbruciata, cioè Gesù, a casa sua.

Ogni pomeriggio si accanivano nelle partite a videogiochi e si scompisciavano dalle risate guardando i film del comico napoletano più divertente e profondo del mondo. Nei loro sfottò ricorreva spessissimo, con interpretazioni variabili, il celebre episodio in cui riuscì a vendere la Fontana di Trevi, di proprietà dello Stato, ad un italoamericano che si credeva furbo:

– Hai qualcosa da vendere?
– Sì, il Maschio Angioino!
– Ma lì non c’è la piscina con le monetine! Come faccio a tuffarmi per raccoglierle? – E il vigile a chi lo facciamo fare?
– Al bidello con la cuccia!
– E l’ambulanza?
– Ci facciamo prestare il furgoncino da Panzarotto, il panettiere!
– E Castel dell’Ovo lo vuoi comprare?
– Sì, così mi butto direttamente a mare!
– Però mi attira anche quando ha gli occhi tristi.
– Sì, è vero. E poi quando ci sono i bambini! Mi piace la scena con la borsa fra lui e il ragazzino.
– A me anche quella del monello con l’attore francese… è ridicolo ma emoziona… non so…
– A volte è bella anche la malinconia. Poi scendevano per strada.

La comitiva era policroma e unita. Avevano tredici anni quando Tonino entrò nel clan. Nessuno fiatava, si giocava e basta. Solo Gesù non si accontentò. Lo seguì. Il padre era affiliato, il nonno pure, la madre spacciava, la nonna ogni tanto partiva e tornava con un pacco. Tonino era un bravo ragazzo, avrebbe voluto fare il tecnico informatico. Quando Gesù lo vide mentre sparava alle gambe di un venditore ambulante, Tonino incrociò il suo sguardo. Scapparono furiosi, come diavoli inseguiti da un angelo, e al sicuro Gesù lo aggredì trafelato:

– Perché?
Tonino tremava e piangeva. Nessuno dei due immaginava che a diciott’anni avrebbe avuto i polmoni crivellati. Purtroppo la scuola non c’era al momento della scelta di Tonino e forse, così com’era, non avrebbe potuto fare nulla. Lo stesso Tonino dopo il primo omicidio si giustificò:

I ragazzi come me sono destinati… a fare i camorristi. … chi accoglierà un solo bambino… accoglie me… Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli… gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare (Matteo, 18:5-6).

 

Di Michele Del Gaudio

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